Sunday, December 12, 2010

Carnevale

Mi trascino in cucina, occhi socchiusi da felino in pensione. Ruggisco rantoli monosillabici senza alcuna traccia di saluto ai compagni che incontro, mi verrebbe da strozzarli uno ad uno per quei piccoli particolari fastidiosi e irritanti che li caratterizzano. Non lo faccio non per filantropia, ma semplicemente perche’ i muscoli non rispondono.

Non sono diventato una bestia, mi sono solo appena svegliato. Con la luna storta e un po’ di mal di testa, per di piu’. Forse quell’ultima margarita ieri sera e’ stata di troppo.
Non e’ stata la sveglia a destarmi, ma il rumore delle stoviglie utilizzate per la colazione. Porca puttana, non ho messo la sveglia ieri sera, quindi mi sono svegliato piu’ tardi, dovro’ fare i preparativi piu’ in fretta per la giornata di lavoro che mi aspetta. Odio essere di fretta. Specialmente la mattina quando per realizzare di essere al mondo mi ci vuole una mezzora passata a sorseggiare del buon caffe’. Porca puttana due, qui negli States il caffe’ fa pieta’.




Saro’ anche oggi l’ultimo a montare in macchina, quello che viene aspettato, come sempre. Porca puttana tre, non mi sono preparato il pranzo ieri, dovro’ fare pure quello.

Porca puttana quattro, un’altra giornata di lavoro al confine con il Messico, sorvegliati dai Border Patrol, salvatori della patria che difendono la democrazia a colpi di semiautomatico su inermi e disperati immigrati clandestini. O su trafficanti di droga. Ma chissenefrega, speriamo che qualcuno cominci a sparare cosi’ noi ce ne andiamo a casa prima, per questioni di sicurezza.

Per fortuna e’ venerdi’ - solo adesso capisco cos’e’ il venerdi’ per molte persone, anche chiamato da piu’ illustre mente il sabato del villaggio. Domani si va in spiaggia. Oceano, sole, palla, pacco da diciotto di Corona. “Nice!”, penso e il mio cervello comincia a rispondere. Monto in macchina con una tazza di acqua calda colorata con tracce di caffeina che spero mi aiuti a lasciarmi alle spalle quest’insofferenza mattutina che non mi e’ propria.

Sessanta miglia orarie, qualcuno in mezzo alla strada in lontananza, rallentiamo. E’ una lollipop che sventaglia la propria propria paletta, invitando le macchine a lasciar attraversare i pedoni. Una studentessa del college, la cui bellezza sta sbocciando, attraversa, saluta e ringrazia la signora di circa sessacinque/settant’anni, la cui bellezza e’ ormai sfiorita da tempo. La signora sorride, e’ un sorriso fantastico, pieno di gioia e d’orgoglio per aver aiutato un altro essere umano.

Sorrido anch’io, l’alba mi bacia attraverso il finestrino calato per il caldo. Mi ha colpito la diversita’ abissale tra le due donne, due vite cosi’ lontane eppure cosi’ vicine in quell’attimo. Mi sento vicino a quei clandestini che oggi cercheranno di passare il confine. Anche loro, in un'altra maniera, sono diversi, non sono nati nella parte giusta del mondo. Spero che nessuno cominci a sparare oggi.
Penso al Carnevale, la mia festa preferita. Vorrei che oggi fosse Carnevale, dove, per un giorno, il diverso e’ uguale.

1 comment:

  1. E' passato un mese dall'ultimo post... i lettori rumoreggiano :)

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