Lui era li' pronto. Pantalone estivo casual, camicia e giacca a vento che poco si intonava con il resto dell'abbigliamento. Viso pulito, un mezzo sorriso che trasmetteva serenita', gli occhi persi nel vuoto concentrati su qualcosa di a me ignoto. Cosa stava pensando? Per dove stava partendo? Si avvicina al check-in 258, consegna il passaporto alla signorina il cui abbondante trucco non riesce a celare una notte passata insonne nel caldo del suo piumino. Le sorride cordialmente. Deve aver fatto una battuta o, meglio, un complimento perche' lei ricambia, lusingata da quella frivola attenzione che abitualmente non riceve dai viaggiatori. Il peso eccessivo della valigia non la preoccupa, stampa la carta d'imbarco e gli augura un buon viaggio con una voce calda e cordiale.
Lo seguo, decisa di scoprire di piu' di questo personaggio normalmente intrigante. Da dieci anni lavoro all'aeroporto, mi piace osservare le persone, capire mete e professioni, carpirne pensieri e sogni. Particolari nel loro abbigliamento e nei loro comportamenti me ne svelano la quintessenza. Ecco, lui deve essere un sognatore. Il taglio dei suoi occhi, l'accuratezza dei suoi movimenti e il suo sorriso frizzante profumano di vento, d'instabilita' controllata e di ricerca. Appena lascia il check in il suo atteggiamento cambia, la sua sicurezza svanisce in un ripetuto trastullarsi il lobo dell'orecchio destro. E' nervoso, la meta del suo viaggio lo agita. Alterna la lettura di poco strutturati appunti al controllo dell'ora di imbarco del suo volo, ad intervalli regolari di circa due minuti. Si ritocca il lobo ormai rosso da quell'insistente stimolo. Poi indossa delle cuffie vistose, mette un po' di musica e sembra tranquillizzarsi un po'.
Deduco lo attenda un volo importante. Un viaggio verso una sfida. E, nonostante l'agitazione che trapela quando non si sta relazionando ad altre persone, sembra convinto. Pare che la sfida che sta per affrontare gli dia forza, piacere di mettersi in discussione, gioia di essere vivo. Al di la' del risultato, forse. Per lui la meta non e' l'arrivo, il viaggio e' l'importante. Il cammino gli appartiene, lo nutre e lo culla come un abbraccio di una madre. Gli auguro mentalmente buon viaggio, sperando di vederlo ripassare un giorno o l'altro per potergli chiedere come e' andata quella prova. O se quello che va cercando e', in un esercizio per migliorarsi giorno dopo giorno, la sfida. Adesso, anche se stanca, devo ritornare a fare le pulizie al Terminal 3, la mia sfida di ogni giorno per educare i miei figli.
La signora che fa le pulizie all'aeroporto vede centinaia e centinaia di persone passare..ma per qualche motivo, nella sua memoria disinteressata, alcune persone restano più impresse di altre. Forse questa volta si domanda se quel sogno che è diventato sfida sia infine diventato realtà...
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