Monday, July 13, 2015

Una lurida notte avanera


L’effervescenza della Rampa si propaga nelle strade deserte tra San Lazaro e Infanta. Parcheggiamo a due isolati dal Malecon nel suo momento di più intensa fioritura, un afoso sabato notte di luglio in cui bianchi, bottiglie di rum, vecchi, chitarre, neri, mulatti, tamburelli, pop-corn, giovani, caramelle, bambini, caffelatte, cioccolata, lardo di maiale fritto e altre bottiglie di rum si danno appuntamento su questo muro che altro non è che il palco di un teatro la cui scenografia è un misterioso mare blu notte guarnito di bianco schiuma. Non si annovera tra le opzioni restare in casa davanti un ventilatore di fabbricazione cinese che continua a muovere aria pesante. Per la gran parte degli avaneri, le case sono oppressive, agonizzanti, cuartuchos divididos en cuartuchos divididos a su vez en cuartuchos que, en alguna ocasión, hace mucho, muchísimo tiempo, debieron de constituir un palacio. Pero eso es historia (Estevez, Inventario Secreto de La Habana).


La strada è il posto migliore dove cercare refrigerio, o almeno dove scambiare calore con altri individui così diversi ma alla fine uguali, pronti a portare a fare una passeggiata le difficoltà della vita quotidiana sperando che possano approfittarne per liberarsi degli escrementi accumulatisi durante la settimana. Scendiamo dalla macchina e cerchiamo il bar Humbolt 52, uno dei maggiori punti di ritrovo per la comunità gay, lesbo, bisex e trans de L’Avana, ora che le retate della polizia in nome della decenza non interrompono più la festa. La strada è vuota, piena di polvere e nulla, maleodorante, sporca ed affascinante. Davanti al bar, un gruppo di uomini chiacchiera amabilmente con gli agenti di sicurezza alla porta. Varchiamo una porta stretta e vediamo delle scale che conducono a un semiinterrato. A ogni scalino, la temperatura e il livello di promiscuità aumentano in maniera proporzionale.

Entriamo: in poco più di venti metri quadrati si concentrano sudore, reggaeton, corpi in movimento, salsa, sguardi provocanti e avvenenti baristi. L’atmosfera cozza incredibilmente con quella del Cocinero, terrazza bar privata dei "nuovi ricchi" del Vedado, a due isolati da casa, dove abbiamo appena bevuto il nostro primo daiquiri della serata. Stiamo entrando nella lurida notte avanera, quel maledetto miscuglio di colori, gusti, soda, rum e perversioni che danno vita a ritmi celebrati in tutto il mondo. Gli sguardi si fanno più intensi, questa volta non perché siamo stranieri, ma perché siamo prede, entrate nel recinto dei leoni. O cacciatori. Poco importa, qui le discriminazioni non contano. Sarà per lo spirito socialista o per l’eccitazione generale che pervade in questa isola fuori dal mondo. Una ragazza cerca la complicità negli sguardi delle donne nel nostro gruppo, poi si avvicina a una di esse sensualmente e con una semplicità disarmante dice: “Se ti disturba me ne vado”. L’anormalità fatta normale. Il normale dell’anormalità. L’anormalità è normale. Il paranormale del normale. A L’Avana l’anormale è ordinario, il normale è un’invenzione.

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