Le riviste pulp in uscita questa settimana non si concentreranno solo sullo sposalizio storico avvenuto la scorsa settimana a Westmister: questo, a mio modesto avviso, e' l'unico vantaggio della morte di Osama Bin Laden. I rotocalchi, infatti, avranno il loro bel da fare nel raccogliere i pettegolezzi di una famiglia come quella dello Sceicco che vanta cinquantadue fratelli - se dovessero interessarsi anche degli zii, dei cuigini e dei nipoti mi sa che ci scappa il supplemento speciale.
Nel frattempo, come ci si poteva aspettare, la notizia si e' meritata titoli a caratteri cubitali sulle prime pagine di tutti i giornali americani e della fedele Europa. Rot in hell!, marcisci all'inferno, Butcher of 9/11 is dead, il macellaio dell'undici settembre e' morto e, Justice has been done, giustizia e' fatta, alcuni dei piu' eclatanti.
Il fatto che i quotidiani esprimano le loro posizioni e idee e' un diritto sacrosanto sancito in molteplici dichiarazioni e costituzioni. Opinabile e' invece la dichiarazione della piu' alta carica della nazione.
Insignito del Premio Nobel per la Pace meno di due anni fa: un'assegnazione che a molti era parsa piu' come un augurio che un effettivo riconoscimento delle azioni compiute.
The world is safer. It is a better place because of the death of Osama Bin Laden. Cosi' Obama ha commentanto l'avvento dell'uccisione di Osama, con una retorica da Far West in cui rieccheggiano le parole pronunciate da Bush dopo il 9/11: Wanted: dead or alive. Bush, tra l'altro, si stava mangiando le unghie dal nervosismo causato dal fatto che non era stato lui, il Presidente guerrafondaio, ad ammazzare il nemico numero uno dell'Occidente, bensi' un democratico nero che guarnisce i suoi discorsi con del pacifismo.
Insignito del Premio Nobel per la Pace meno di due anni fa: un'assegnazione che a molti era parsa piu' come un augurio che un effettivo riconoscimento delle azioni compiute.
The world is safer. It is a better place because of the death of Osama Bin Laden. Cosi' Obama ha commentanto l'avvento dell'uccisione di Osama, con una retorica da Far West in cui rieccheggiano le parole pronunciate da Bush dopo il 9/11: Wanted: dead or alive. Bush, tra l'altro, si stava mangiando le unghie dal nervosismo causato dal fatto che non era stato lui, il Presidente guerrafondaio, ad ammazzare il nemico numero uno dell'Occidente, bensi' un democratico nero che guarnisce i suoi discorsi con del pacifismo.
All'annuncio di Obama, l'America esplode in un grido di liberazione, si riempiono le strade, manifesti, striscioni, pianti di gioia. Una morte che e' costata ai soli Stati Uniti 4544 perdite, i cui nomi vengono urlati nella baraonda generale. Grida di persone piene di odio verso lo Sceicco del terrore. Ground Zero e Times Square traboccano di sentimenti contrastanti che hanno un unico senso comune: riunire un paese.
C'e' chi parla di giustizia, c'e' chi parla di vendetta: non stiamo qui a dare giudizi di valore sull'operato della piu' grande democrazia del mondo; quel che ci interessa e' sapere che ora l'America e' unita, coesa, fronte unito dietro al vessillo a stelle e strisce. Era successo gia' dopo Pearl Harbor, e' successo ora dieci anni dopo 9/11, succedera' ancora...
Death to Osama, Cheers for Obama, Free Candies for the USA!
Non sono troppo convinto della frase "non stiamo qui a dare giudizi di valore sull'operato della più grande democrazia del mondo", ma è sempre un piacere leggerti
ReplyDeletemi sembrava una frase degna di un pensatore... il mio giudizio ce l'ho, ma quella che riporto e' una semplice considerazione.
ReplyDeleteringrazio per la fiducia al blog