Tuesday, May 3, 2016

Vita Spericolata... o una notte all'Avana Vecchia

Ale mi aveva detto che oggi avrebbe aperto la sua caffetteria, Vita Spericolata, e io ci avevo creduto. Esco tardi il lunedì dal lavoro, almendron (taxi collettivo) fino al Capitolio e mi immergo nella sozza promiscuità dell'Avana Vecchia. Arrivo in calle Sol, tra San Ignacio e Inquisidores, davanti alla presunta caffetteria, ma non c'è segno di vita. Grido alla vicina pensando ne sappia qualcosa, invano. Allora vado a prendere due Bucanero, una per me è una per Ale. Lo aspetterò sorseggiando.

Mi siedo sul marciapiede davanti la caffetteria. Una signora sui centoventi chili, con una canottiera attillata che evidenzia gli abbondanti giorni felici a base di maiale con riso e fagioli, esce dalla casa alle mie spalle e io la saluto. Di dove sei che fai, chiede lei. Anch'io le chiedo di dov'è, lei ha l'accento orientale, sottolineo. Si, risponde, sono palestina (come chiamano gli orientali a Cuba). In due minuti la conversazione si fa interessante, e ci raggiunge pure la sorella. Amairis e Niurka sono venute all'Avana negli anni d'oro del socialismo cubano, dove i contadini erano la classe sociale più benestante (in un paese senza classi sociali, ovviamente). Non come la gente dell'Avana, dice Niurka, che beve una birra e va a letto con lo stomaco vuoto. Il contadino beve rum, mangia maiale, e sfoggia la sua pancia come un trofeo. Altri cinque minuti e già mi hanno affibbiato un santo della religione afro cubana, Obatalà. E' furbetto come te, aggiunge Amairis, quel tuo sorriso dice tutto. Alla fine entro a casa loro e mi fanno vedere i piccoli altari con totem dedicati ai loro santi, ceramiche colorate adornate con penne di animali, conchiglie e chiocciole. Poi Niurka mi mostra le foto della figlia ventisettenne con la nipote... sarebbe un matrimonio di convenienza, vi sposate così tu puoi prendere casa qui. È un buon momento per investire all'Avana, analizza. Io le lascio una memoria usb con la musica che avevo preparato per Ale, la saluto con gioia e mi avvio verso il Capitolio per tornare a casa.

Sto finendo la seconda Bucanero (mica è colpa mia se Ale non è mai arrivato), è un tipo con il bici taxi, l'ennesimo, cerca di attaccare bottone. Ma questo, Taylor, è simpatico. Mi chiede dove sto andando a ballare, io mi giustifico dicendo che sono stanco. Lui pure aggiunge affranto che stasera non andrà a ballare, c'è stato per gli ultimi quattro giorni di fila però sai com'è dopo se non puoi pagare niente alle ragazze nessuna ti guarda; quindi stasera lavoro. Ah, ti do il mio numero che così giovedì andiamo assieme alla discoteca dell'hotel Vedado. Io prendo il numero, pensando che sarà il tipico numero che vedrò tra due mesi nella rubrica senza riuscire ad associare una faccia alle cifre.

Va beh, sono stanco. Ma pure affamato. Mi fermo in questa creperia in calle Muralla che mi aveva catturato l'occhio all'andata, un'oasi felice tra due edifici diroccati. Salgo al secondo piano e trovo un simpatico quadretto dove Christophe, un francese vestito da hippie, il cui spagnolo ha inflessioni messicane, intrattiene il tavolo accanto, popolato da una coppia locale, imprecando contro l'inciviltà dei cubani e la loro incapacità di ribellarsi contro FCC (Fidel Castro coglione, come lo battezza lui), mentre sorseggia del rum Havana Club che tira fuori dallo zaino senza farsi vedere dai proprietari. La coppia ha reazioni differenti: Alvaro si chiude in un silenzio di protesta, non valeva la pena parlargli mi dirà dopo, mentre José, quasi per evidenziare l'inciviltà del suo popolo, sfoggia un perfetto francese che usa per esporre i suoi argomenti. La conversazione si chiude con José che dà indicazioni per andare ad un festival di rumba a Christophe, il quale chiede se ci sia una maniera per entrare senza pagare. Io finisco di mangiare, scambio due battute con la coppia e la proprietaria del locale, ed esco, deciso di avviarmi verso casa stavolta. Sarà la volta buona?

Sempre in direzione Capitolio, osservo le saracinesche dei bar che si chiudono, e dei vecchi molesti che ammiccano a ragazze di passaggio. Passo davanti alla recentemente riabilitata Plaza del Cristo, calle Brazil, e mi colpiscono due moto davanti al Canchullero, ristorante discreto, economico e con fama da Trip Advisor. Una Africa Twin 600 cc e una BMW GS 800 cc. Merce rara come il parmigiano reggiano a Cuba. Continuo a camminare e mi lascio le due moto alle spalle, percorro un isolato e poi non resisto più: devo conoscere le persone che guidano quelle due belve. Entro al Canchullero, al primo piano niente, al secondo scrogo qualcuno che potrebbe essere un motociclista, ma è seduto a un tavolo troppo numeroso. Salgo al terzo e li vedo li, riconoscibili tra mille, i proprietari delle belve. Pantaloni comodi, stivaletti o scarponcini, camice sportive. Mi presento, prendo un daiquiri, e parte la conversazione. Kai, polacco, arredatore di ristoranti, ha comprato la moto a San Francisco tre mesi fa, e va in giro promuovendo One Tank, un'iniziativa in cui ristoratori devono preparare dei piatti esclusivamente con ingredienti trovati utilizzando un serbatoio di 12L della sua GS. Mi spiega come cadere in moto e dove comprare una moto in America Latina. Take it slot and enjoy the ride, it is not about how many kilometers you do. Hunts invece è svizzero, e ogni un paio d'anni si fa un pezzo di America, because traveling by bike is like going alone without ever being alone. Sempre trovi qualcuno con cui condividere esperienze. Il sangue scorre a mille nelle sue vene, si capisce dalla passione che mette nei suoi racconti. Chiacchieramo per un'oretta e poi scendiamo a vedere le moto.

Una vecchia ubriaca si ferma davanti a noi e comincia a palpeggiarci a turno, imitando un ipotetico rombo di motore, un motore scarburato a causa della mancanza di denti in bocca. Hunts appoggia una pelle di pecora sulla sella della moto, dovresti comprarla anche tu Kai, ti permette di aver caldo quando fa freddo e di non sudare quando fa caldo. Accendono le moto, gli occhi mi si illuminano non appena ne sento il rombo. Salutano e partono per la prossima avventura. Io vado verso il Capitolio, ce la posso fare. Davanti al Kid Chocolate, la palestra dove si allenano i migliori atleti cubani, un paio di trans mi lanciano dei baci. Ricambio. Ci sono certe sere in cui vale la pena restare a casa a guardare delle serie TV. Altre no.

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