Thursday, December 29, 2016

Notte di fuoco con Bob Marley, i cercatori d’oro e il Che


Dopo una decina di giorni passati al bordo del Sahara - nomadi in mezzo ai nomadi, cercatori d’acqua tra i cercatori d’oro, muniti solo di due Land Cruiser che fungono da trasporto, cucina e, messe a L, riparo dal vento notturno - si torna verso Sud, a Abeche, grande capitale del sultanato del Ouaddai. È la prima vera città dopo il deserto, dove si incontrano taxi-richò motorizzati, si concentrano i prodotti libici o sudanesi entrati più o meno legalmente dalle incontrollabili frontiere del Nord, si respira l’aria di una città dell’Africa centrale – smog mischiato a polvere, puzza di piscio e rifiuti, grida di bambini e versi di animali vari.

È pure la prima città dove si può mangiare qualcosa che non sia capra. Quindi, dopo una doccia che non scalfisce neanche minimamente lo strato di sabbia e polvere che si è incollato alla pelle durante le scorribande desertiche, si esce a mangiare. Un pollo con patatine, del manzo con spinaci e un pesce che non si sa bene da dove arrivi visto la cronica mancanza d’acqua della zona, convincono il gruppo a continuare la serata in uno dei dancing della città. La scelta è ardua: Chez Tantine Koussa, di fianco alla moschea centrale, che in ore non sospette diventa il VIP dancing, in una sala ben chiusa e insonorizzata così il vicino – un certo signor Allah - non si lamenta, o il Doug dancing.

Si va a tutti e due, naturalmente. Ma la storia succede al Doug, la seconda sera passata in città, su gentile concessione dell’unico aereo giornaliero Abeche - N’Djamena che non è partito. Il Doug è uno spazio all’aria aperta, gioviale, con tavolini e una pista da ballo al centro. È delimitato da mura di recinzione da una parte e da una casa-albergo dall’altra. Sui muri della casa si vedono disegni di rivoluzionari quali Thomas Sankara, Bob Marley e El Che, che diffondono buone vibrazioni sugli avventori, nella maggior parte uomini. Dietro la casa i bagni, ovvero uno spazio di 4 metri quadrati con un buco in mezzo e la scritta “la propreté d’abord”. E, affianco ai bagni, delle costruzioni improvvisate di pali e paglia creano vari spazi bui e discreti.

5000 franchi una relazione – 7 euro e mezzo, 2000 l’affitto dell’antro, si dice. Poi, se sei veloce, cazzi tuoi: il prezzo non cambia. Vedo uomini entrare e uscire poco dopo con un volto di soddisfazione. Tra di loro c’è chi spenderà quasi tutti i proventi delle pepite d’oro trovate più a Nord in alchol e puttane. Io torno a sedermi, cercando la mia Gala tra le varie che popolano il nostro tavolo. E in un batter d’occhio, dozzine di persone corrono disperate verso l’uscita, schiacciandosi e spingendosi tra le urla. Dietro la casa, un falò. La musica si ferma. Fiamme alte una ventina di metri divampano e illuminano a giorno il Doug dancing. Io mi cago sotto e mi avvicino all’uscita, ma non mi mischio all’ingorgo, sarebbe più pericoloso. Altri al tavolo restano seduti a godersi lo spettacolo.

Dopo poco le fiamme si attenuano. Di nuovo al tavolo, arriva un altro giro di birra. Dieci minuti e la musica ricomincia. Restano una cinquantina di persone, che si alternano sulla pista. Anche noi facciamo un giro su qualche makossa o un coupé decalé. Qualcuno mormora su una lotta tra locali a Abeche – ma sono solo due! – qualcun altro parla di incendio colposo. Sta di fatto che qualcuno non lavorerà più finché le baracche non saranno ricostruite. E la vita continua, al di là dei giudizi di valore e la morale. Qui, come in molti altri luoghi di questo paese, la resilienza del genere umano è incredibile.


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